Ovvero: Tutto ciò che è necessario alla pratica
Mi viene spesso chiesto perché mi ostini a portare gli Hakama quando insegno nel nostro Dojo, in fondo potrei farlo tranquillamente con un keikogi normale o, addirittura, in tuta da
ginnastica.
Qui siamo in Italia, con insegnanti Italiani ed allievi Italiani… quindi perché dovremmo mai utilizzare termini, abbigliamenti, regole e metodologie Giapponesi? Anche perché tutte queste
“complicazioni” vengono spesso viste come difficoltà aggiuntive ad una pratica che, sicuramente non è semplice.
La risposta a queste domande è, in realtà, una sola ma composita:
Pratichiamo un Arte Tradizionale Giapponese.
L’uso di indumenti, terminologie, metodologie, rituali e convenzioni Giapponesi fanno parte della pratica tanto quanto lo studio delle tecniche, non sono imprescindibili.. ma ne fanno parte
integrante.
Alcune cose vengono accettate più di altre, ma tutte hanno la loro importanza:
Alcune cose vengono accettate più di altre, ma tutte hanno la loro importanza:
IL KEIKOGI BIANCO
Il tradizionale abito bianco è stato ormai sdoganato da i millemila film di Karate degli anni ottanta, la gente si ASPETTA di vederlo usare quando sente parlare di Arti Marziali... ma perchè
usarlo invece di una comoda tuta da ginnastica?
L’abito bianco che si usa nel Dojo ha una triplice funzione…
- E’ comodo e pratico, resistente abbastanza da essere strattonato e tirato senza
rompersi, ed è bianco perché DEVE essere pulito.. per rispetto a se stessi ed agli altri
- Serve a far capire che tutti gli
allievi sono uguali sul tatami (non ci sono avvocati od operai), con l’unica differenza data dalla capacità tecnica.
- Allo stesso modo il Bianco è un colore che tradizionalmente serve a rappresentare
la purezza, quindi la forma mentis con cui l’allievo dovrebbe avvicinarsi alla pratica.
GLI HAKAMA
Gli hakama (quella sorta di pantagonne nere, per intenderci) distinguono, almeno nella nostra scuola, un insegnante o un praticante che abbiano raggiunto almeno lo Shodan, servono quindi ad
individuare subito sul tatami gli “esperti”, allo stesso modo della cintura di colore differente.
Ma per me hanno, innanzitutto, un’aspetto meno esotico e più pratico…
Dimostrano immediatamente all’osservatore occasionale, che ciò che si pratica su quel tatami è una scuola tradizionale… Non una scuola moderna , nè una scuola di Karate o di Judo..
Servono un po’ da "filtro" per tutta quella serie di persone che si avvicinano alla scuola con l’intento di “imparare a fare a botte” , e che, vedendomi vestito in pantagonna nera, si tengono
ben distante.
Un aspetto psicologico e di marketing, quindi :-)
LA TERMINOLOGIA GIAPPONESE:
Conoscere i termini corretti per ciò che si sta facendo è, nella mia opinione, un modo per entrare un po’ di più all’interno della corretta mentalità necessaria alla pratica di una Scuola
Tradizionale… In più conoscere la terminologia corretta è utile per avere una base comune quando si discute di tecnica.. o quando si discute
qualcosa (è più facile dire “applica kotegaeshi” invece che “fai una torsione al polso”)..
Nel caso della nostra scuola ( e diversamente dalle scuole cinesi) la terminologia utilizzata è piuttosto descrittiva della tecnica, e ci può dare un indizio su quale sia il principio dietro
la tecnica che stiamo utilizzando…
Kotegaeshi e Koteori possono sembrare due tecniche piuttosto simili… ma il nome ci aiuta a ricordare che una è una torsione, mentre l’altra è una rottura…
Kotegaeshi e Koteori possono sembrare due tecniche piuttosto simili… ma il nome ci aiuta a ricordare che una è una torsione, mentre l’altra è una rottura…
Sapere che Ushiro Ukemi è la “caduta indietro”, ci potrà magari essere utile per ricordare che “ushiro dori” è una tecnica di controllo che presuppone di andare dietro l’avversario…
In ogni caso ogni gruppo di persone ha dei termini comuni che servono ad unirli… Dal linguaggio dei carbonari, alle bande giovanili, dai giochi di parole sul posto di lavoro fino ad arrivare
al famigerato Politichese..l’uso di queste terminologie serve sempre a “creare gruppo”, a dare la sensazione di fare “parte di qualcosa”.
Come per tutto ciò di cui abbiamo parlato fin’ora, il saluto ad inizio e fine lezione ha un significato che è ben altro che un mero rituale estetico…
Esso ha il significato più profondo di “riassettare “il proprio spirito, di avere un piccolo rituale che ci permetta di “Lasciare fuori”, per quanto possibile, i propri problemi dal Tatami… ad avere rispetto dei propri compagni e della scuola.
Esso ha il significato più profondo di “riassettare “il proprio spirito, di avere un piccolo rituale che ci permetta di “Lasciare fuori”, per quanto possibile, i propri problemi dal Tatami… ad avere rispetto dei propri compagni e della scuola.
In alcune scuole vengono anche utilizzati alcuni piccoli rituali di derivazione Shinto (come battere le mani) o si usa concludere l’allenamento con la lettura di un brano di un libro…
Ogni scuola adotta un proprio metodo…Ma tutti hanno lo scopo di permettere ai praticanti di rasserenare l’animo e di “entrare nel mondo del jujutsu”..
Allo stesso modo il saluto fra praticanti serve a far capire al compagno che si è pronti ad interagire con lui, che si sta dedicando la propria attenzione a Lui.
Nel caso della nostra scuola è richiesto anche un saluto allo Shomen, cioè al Lato d'Onore della scuola...
Rappresenta un piccolo impegno nei confronti della Scuola, ed un ringraziamento alla stessa.. Come per il saluto al compagno, o all'insegnante, servono semplicemente ad impostare la forma mentis necessaria alla pratica corretta.
Nel caso della nostra scuola è richiesto anche un saluto allo Shomen, cioè al Lato d'Onore della scuola...
Rappresenta un piccolo impegno nei confronti della Scuola, ed un ringraziamento alla stessa.. Come per il saluto al compagno, o all'insegnante, servono semplicemente ad impostare la forma mentis necessaria alla pratica corretta.
A volte in alcuni Dojo, queste pratiche vengono esagerate ed esacerbate, con rituali che, spesso, vengono irrisi dagli stessi giapponesi che sono spesso più pragmatici di noi.
Dobbiamo quindi ricordare di praticare sempre con un po’ di “grano salis”.. Noi non siamo Giapponesi.. né lo saremo mai… quindi è giusto che applichiamo tutte queste pratiche con una mentalità aperta e pratica, senza esagerare, per non passare per dei fanatici.
In fondo, tutte queste pratiche e metodi, servono a farci apprezzare di più ciò che facciamo, non a farcelo odiare.
Dobbiamo quindi ricordare di praticare sempre con un po’ di “grano salis”.. Noi non siamo Giapponesi.. né lo saremo mai… quindi è giusto che applichiamo tutte queste pratiche con una mentalità aperta e pratica, senza esagerare, per non passare per dei fanatici.
In fondo, tutte queste pratiche e metodi, servono a farci apprezzare di più ciò che facciamo, non a farcelo odiare.
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