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Seguire il Sentiero

Seguire il sentiero

Era Primavera, ed ero andato  in montagna a camminare con mia moglie ed alcuni amici.
Stavamo tornando a valle , seguendo un sentiero che si dipanava nel sottobosco.
Sotto le foglie cadute, il sentiero era estremamente scosceso, dilavato e scavato dalle piogge dei giorni precedenti, ed in molti punti vi erano tratti ghiacciati seminascosti dal fogliame.

Era quindi obbligatorio scendere con la massima attenzione, guardando dove mettere i piedi, dove appoggiarsi, cercando di seguire il sentiero più sicuro.

Avevamo fatto la salita chiaccherando e scherzando quella mattina, ma in quel momento eravamo assorti e concentrati, consci che mettere un piede in fallo poteva essere pericoloso, anche solo perchè avremmo potuto trovarci con una storta alla caviglia ed ancora diversi kilometri da percorrere.

Per un caso, mi ritrovai di fronte al gruppo, ad aprire la strada.
Mi rendevo conto che le persone dietro di me stavano seguendo i miei passi, cercando di capire dove avessi messo i piedi per non scivolare.


Ero piuttosto concentrato, perchè avvertivo la responsabilità di essere l'aprifila.
Se lo avessi chiesto, nessuno dei miei compagni avrebbe detto nulla sul fatto che ero il primo, nè mi avrebbe imputato nessuna particolare responsabilita' od obbligo. in fondo era solo il ritorno a valle di una passeggiata fra amici.
Se qualcuno fosse scivolato, non sarebbe certamente venuto da me a lamentarsi di aver messo i piedi in fallo.
Eppure, io cercavo di capire quale fosse il modo giusto di scegliere non solo per me, ma anche per loro.

Ad un certo punto mi fermai, e non essendo sicuro del modo di scendere, ritornai sui miei passi ed affrontai la discesa da un angolo diverso che mi sembrava meno pericoloso.
Gli altri mi seguirono, e ritornarono indietro,  fidandosi della mia decisione. ed io non mi vergognai certo di essere tornato indietro, era normale.
A volte, durante la discesa, mi consultavo con loro, ci guardavamo attorno e cercavamo con lo sguardo il sentiero.


Nessuno mi aveva nominato "capo" o "guida", era capitato che fossi davanti e che cercassi di guidarli al meglio delle mie possibilità, e loro si fidavano di me.

Giungemmo alle auto in serenità e ricominciammo a ridere e scherzare, felici di essere arrivati e che tutto fosse andato bene.

E tutto questo cosa centra con le arti marziali?

Semplice.
Quando insegno, ho la stessa identica sensazione.

Sto guidando un gruppo lungo un sentiero, primo inter pares, primo fra pari.
E' capitato solo per caso che io sia il primo, e che sia li per indicare la via che stiamo percorrendo.
La sto seguendo anch'io, e stiamo andando nella stessa direzione, cerco il modo migliore di affrontarla e, a volte, sbaglio strada.

E' il concetto di Sensei espresso al meglio.

 

Il problema è che troppo spesso (sopratutto in occidente) si vede il Maestro come una persona che sa già tutto, che ha raggiunto il massimo livello in ciò che fa.

Questa incomprensione deriva proprio dal titolo che diamo all'insegnante , Maestro deriva dal latino Magister ("il più grande" come scrivo in questo articolo).

E' un problema di percezione, dell'idea che l'allievo si fa dell'insegnante.
Ma, allo stesso tempo è un GROSSO problema dell'insegnante.

Vedo troppo spesso insegnanti di Arti Marziali che si rifiutano di ammettere di non essere i migliori, di non conoscere tutto. Gente che in genere millanta gradi altissimi, magari in scuole inesistenti, che fanno tutorial su Youtube e lunghe conferenze su cose di cui hanno una conoscenza superficiale, che devono per forza apparire come Magister.


A volte queste persone hanno solo trovato la via sbagliata, ma non vogliono ammettere con se stessi ne con i propri allievi di aver sbagliato strada, quindi piuttosto si intestardiscono a seguirla anche se non porta da nessuna parte o, magari, è pericolosa.
A volte invece sono persone che prendono volontariamente quel sentiero, perchè è più facile e più redditizio (in termini di prestigio , o di soddisfazione dell'ego,  quasi mai di soldi).
La maggior parte di questi Magister hanno una facciata di umiltà, fanno finta di essere umili e di apprendere da tutti, solo poi per dimostrare con i fatti che sono solo sepolcri imbiancati.

 

 

Quando vado insieme ai miei allievi ai  seminari tenuti dal mio Maestro, il responsabile della scuola che pratico, mi capita sovente che egli faccia vedere qualche principio o qualche tecnica in maniera un pò diversa da come l'ho insegnata al dojo.
A volte capita che io interpreti la tecnica in modo diverso, a volte più semplicemente, non l'avevo compresa a fondo.

 

Ho fatto un punto d'onore di ritornare in dojo e di correggere i miei errori, a me ed ai miei allievi, rendendo ben chiaro il fatto che "avevo capito male" e che, da quel momento, si farà nel modo indicato dal mio Maestro.

 

Non ho paura di dire "mi sono sbagliato, torniamo indietro e ricominciamo".


D'altra parte avviene anche il contrario, con lui che fa vedere un principio e poi, chiedendogli lumi, ammetta di aver dimenticato un particolare, cambiato un principio o, a volte, semplicemente sbagliato.

 

Ci sono allievi che si irritano per questo, dicendo "eh, ma fino ad oggi mi hai fatto fare così, ed ora mi hai fatto fare cosà" e sono proprio quelle persone di cui parlavo pocanzi, quelle che pensano che il Sensei sia un Magister.

Questi poi polemizzano al Dojo, perchè gli "hanno cambiato il kata" o "fino ad oggi mi hanno insegnato cose sbagliate".


Se questo atteggiamento posso tollerarlo in un nuovo praticante, uno che ha appena iniziato e va in confusione per ogni minuscolo cambiamento (ci siamo passati tutti!), lo trovo insopportabile  invece nei praticanti avanzati, quelli che magari, una volta cresciuti e  diventati insegnanti loro stessi, non avranno mai dubbi e dovranno per forza dimostrare di non sbagliare mai. Perchè quello è il ruolo che hanno sempre visto nel Maestro.

 

 
La maggior parte (per fortuna!)  invece apprezza e comprende gli errori, i passi falsi ed i cambiamenti di percorso , senza che la stima, il rispetto e la fiducia per il proprio insegnante vengano meno.
Costoro comprendono che siamo solo compagni di viaggio, su un sentiero tortuoso, e che tu stai semplicemente cercando il sentiero migliore per te e per loro.

 L.Giopp

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